LA STORIA DI FIORE

UN PICCOLO FIORE E’ SBOCCIATO 

Gli occhi di un bambino sono così grandi e profondi che nel guardarci dentro si entra in  dialogo con la sua anima. Si resta in silenzio e ci si guarda ascoltando l’uno le sensazioni dell’altro. L’altro è un essere che a parole non si esprime, ma che porta in sé tutta la forza della VITA, tutto L’AMORE che la sostiene e che le permette di manifestarsi in un corpo di carne, nella dimensione fisica di questo mondo. E’ un dialogo profondo e intenso che mi rivela in sensazioni tutto ciò che quell’essere porta con sé; nasce un’intesa, nasce un amore perché dall’altra parte è solo questo che ci si aspetta; un bambino chiede solo amore ed io sono disposta a dargliene.

 Fiore ha un piccolo corpicino, non arriva a pesare 4 chili, i suoi piedini sono minuscoli, le sue gambe minute non riescono a reggerla in piedi, ma ha due occhi infiniti che guardano intorno senza trovare quello che cercano……….Lei è in mezzo a tanti, bambini orfani, bambini abbandonati in uno squallido orfanotrofio dove la vita si conquista giorno per giorno e dove ogni piccolo deve lottare da solo per arrivare al giorno dopo.Molti di loro sono malati, chi di malaria chi di infezione, ma quasi tutti portano i segni della denutrizione, una denutrizione che è cominciata nella pancia della mamma e che  continua purtroppo, per ignoranza da parte di chi si occupa dei bambini e che non permettere ai piccoli corpi di crescere, non permette al sorriso e alla gioia di manifestarsi sul volto dei bambini.  Il centro è affollato di bambini, cerco di dare un aiuto mettendo a disposizione del personale volontario, ma d’accordo con la suora, mi faccio carico anche di assistere un bambino per alleggerire il compito di chi lavora nel centro, mi vengono offerti due gemelli che guardandoli non mi sembrano in brutte condizioni, chiedo di prendere un bambino malato.Lei è in un letto alto chiuso con delle sbarre che ne fanno una gabbia, ha una flebo attaccata al piedino che sta per finire, è piccolissima, ha la febbre ed è chiaramente denutrita, ha inoltre subito una crisi di malaria ed è al suo terzo giorno di trattamento, l’ultimo, dopodiché lentamente si dovrebbe ristabilire.Appena finita la flebo, la suora prende Fiore e me la mette in braccio, lei piange spaventata, poi la guardo negli occhi, lei mi guarda ed improvvisamente smette di piangere, appoggia la sua testina sul mio petto e si calma, la sento rilassarsi ed affidarsi ed io le trasmetto tutto il mio calore per rassicurarla.Chiedo qualche informazione, mi dicono che è orfana di madre, suo padre è un nomade che si sposta nel paese per far pascolare i buoi.

La piccola compirà due anni ad agosto 2005. Due anni!! Ma se è una piuma!, non si sente neanche il peso a tenerla in braccio, è come portarsi dietro una borsetta, lei non si muove, non dice niente, ha due dita in bocca che vuole succhiare quasi di continuo, ma se la guardo, lei mi pianta i suoi occhioni nei miei e in quello sguardo leggo il desiderio di riposo, il bisogno di affidarsi,la stanchezza di lottare, la voglia di essere accudita, di non dover più resistere per sopravvivere, leggo che lei è disposta ad andarsene per raggiungere la sua mamma.

 Allora immagino che la sua mamma sia lì accanto a noi e che ci guardi, cosa proverei io al suo posto? Cosa chiederei per la mia bambina che soffre?In quel momento nasce un amore più grande in me ed è quello della madre che qualunque cosa accada non abbandonerà mai la sua piccola, ma la proteggerà per aiutarla a crescere, le darà fiducia e farà di tutto per non deluderla. E’ difficile far capire ai grandi il dialogo con l’anima, con la parte più profonda di noi, ma io credo in quest’amore e nella forza che possiede, le meravigliose trasformazioni che opera per poter mettere ogni cosa nel giusto ordine. Dentro di me chiedo di  avere la forza di aiutarla senza deviare il corso della sua vita, senza forzare niente, né pretendere di sapere  quale è la soluzione migliore per lei, soltanto metto tutto nelle mani dell’Amore, quell’Amore che qualcuno chiama Dio e che altri definiscono come volontà di Dio. Eravamo quasi alla metà di marzo durante un altro viaggio nel Benin.Da quel momento piangeva solo se qualcuno voleva prenderla dalle mie braccia, il mio ranocchietto catturava tutta la mia attenzione e, nonostante gli impegni e la necessità di muovermi, lei era sempre con me, le sue gambine incrociate alla mia vita e la testolina appoggiata al mio petto, dovunque andavo lei era con me, il mio amore,il mio calore erano la miglior medicina per lei, avevo deciso di non darle più nessun farmaco, le dicevo che io ero il suo ospedale e che poteva prendere da me tutto ciò che le serviva. Lei mi ascoltava, non reagiva, ma continuava a tenermi i suoi occhi piantati nei miei come per dirmi; mi abbandonerai? Dovrò ricominciare a lottare?  Non ce la faccio, se non mi abbandoni è meglio.Io ho sempre risposto tenendola stretta a me, non la davo in braccio a nessuno, le davo da mangiare quantità industriali di carne, pasta, pesce, frutta,e tanti liquidi, le parlavo molto anche se lei non reagiva, la sera dormivamo insieme e anche il pomeriggio per il riposino lei si voleva mettere sulla mia pancia e si addormentava istantaneamente, era esausta e dormiva per ore. Dopo una settimana cominciava a sorridermi ed emetteva un piccolo suono con la sua vocina flebile. Mangiava talmente tanto che le dicevo che consumava come un buon manovale che lavora tutto il giorno sul cantiere. Parlavo tanto con lei, ridevo e scherzavo fino a che ha cominciato anche lei a reagire, era vispa e contenta, dopo due settimane aveva preso quasi un chilo, mangiava la mattina, poi le davo del pane durante tutta la mattinata, mangiava tantissimo a pranzo, faceva merenda e cena in abbondanza. Adesso, inizio maggio, il piccolo fiore pesa quasi sei chili, ride, è felice, ha messo altri due dentini che in tutto sono diventati sei, riesce a stare in piedi appoggiandosi e cammina se tenuta per la manina, mangia regolarmente, ma in maniera equilibrata porzioni da bambino e non più da operaio di cantiere, la sua fontanella è ancora aperta, ma la stanno curando per rinforzare le ossa.La piccola è ora in famiglia, una famiglia meravigliosa del Benin che su mia richiesta l’ha accolta e accettata, ha anche un fratellino di un anno più  grande di lei, si chiama Carlo, papà Luigi e mamma Sophie la adorano ed ha anche due sorelle maggiori.

 La speranza è che il babbo di Fiore accetti di lasciarla dove è, ma siamo oramai tutti ottimisti che accetterà.Quando la incontro lei mi guarda a lungo come sempre e come sempre le nostre anime dialogano; sarebbe stato bello rimanere insieme, forse mi domanda ancora se sono venuta a prenderla o se la lascerò dov’è, ma ogni volta riparto e la lascio, lei sta bene e sa che non l’ho abbandonata, l’ho solo affidata in mani amorevoli, ad una realtà africana anche se il papà è italiano, ma è a casa sua in un’Africa dove è anche giusto rimanere per diventare persone di valore, persone che un giorno potranno fare la differenza in una società in evoluzione come è quella del Benin. Ho sempre paragonato i bambini ai fiori dicendo che ognuno di loro ha le sue sfumature di colore, il suo profumo particolare, a volte passando accanto ai fiori i grandi li calpestano e non permettono loro di crescere, ma se guardiamo un fiore e cerchiamo in lui tutte le qualità esso ci rivelerà un mondo, un mondo piccolo e nascosto che si scopre solo se si vuole guardare fino in fondo.

In fondo a quegli occhi ci sono le infinite possibilità di sbocciare ed io ho permesso solo al mio piccolo FIORE  di sbocciare annaffiato dalla FORZA del mio AMORE.  Anna