PICCOLO FIORE….6 mesi dopo.

L’incontro con Fleure era stato l’elemento che aveva caricato di qualità e di intensità
tutto il viaggio precedente, quello svoltosi fra febbraio e maggio 2005.
Avevamo lasciato la piccola presso la famiglia di Luigi e Sophie che, insieme al figlio
Carlo, l’avevano accolta con amore e calore.
Durante il mese di luglio qualcuno si reca a casa di Luigi e chiede della bambina;
Luigi racconta la storia della piccola e l’uomo dice che è sicuro di poter rintracciare
il padre della piccola, perché,sa che la famiglia appartiene ad un gruppo di nomadi
del nord.
La persona prende accordi con Luigi e Sophie per cercare il padre e si reca al nord.
Nel frattempo si avvicina il secondo compleanno della bambina e decidono di festeggiarlo
insieme a quello di Carlo che cade qualche giorno dopo.
Quale migliore occasione per invitare il papa di Fiore? Ed è così che pochi giorni
dopo appare il signor Djibril col papà di Fiore. E’ un giovane di appena 25 anni,
appare un po’ spaesato, nonostante Lokossa non sia affatto una metropoli,
ma lui non è mai uscito dal suo villaggio e non parla una parola di francese.
E’ il signor Djibril, che conoscendo il dialetto dei nomadi, riesce a far comunicare
il papa con Luigi e Sophie.
Resta ospite della famiglia per tre giorni e ha modo di verificare che la bambina
non era mai stata così bene; finalmente è cresciuta, cammina, gioca. Così decide
di affidare la bambina alla nuova famiglia attraverso una scrittura ufficiale
che riconosca legalmente l’affidamento della bambina a Luigi e Sophie.
E’ a questo punto che ricevo una telefonata dal Benin e tramite l’interprete riesco
a comunicare la mia gioia al padre della piccola promettendogli di andarlo a trovare
a novembre, nel corso del prossimo viaggio.
Così, eccoci qua, novembre 2005, siamo in viaggio lungo una pista di terra battuta,
forse più polvere che terra battuta, lunga ben 60 km che ci porterà al villaggio.
Siamo io, Alessandro, Sophie, Carlo, Fiore ed il nostro intermedierio, il signor Djibril,
il quale ci ha preceduto al villaggio per avvisare il padre del nostro arrivo.
Abbiamo comprato due sacchetti di riso, una tanica di olio per cucinare, dei biscotti,
della pasta, delle scatole di conserva. E’ inoltre nostra intenzione regalare una piccola
somma di denaro al padre e ai nonni di Fiore.
Arriviamo al villaggio dopo due ore abbondanti. Il caldo è forte e il paesaggio è molto
secco, con pochi alberi.
La famiglia al completo cio aspetta sotto una tenda. Altra gente del villaggio
tutt’attorno a curiosare per questa insolita celebrazione.
Le donne, come costume dei nomadi, hanno i capelli addobbati di bottoni colorati
ed il seno scoperto. Tengono i loro piccoli legati dietro la schiena con panni e pareo
di tuti i colori,
Hanno un portamento eretto, quesi fiero, ma i movimenti sono calmi e posati,
non c’è fretta qui, non c’è motivo di correre. La loro curiosità è visibile, ma non veste
la frenesia della gente della grande città o dei villaggi a ridosso delle vie di
comunicazione, già avvezzi ormai alla possibilità di incontri imprevisti.
Gli uomini e gli anziani sotto la tenda ci osservano, le mani si stringono e sorrisi
si allargano.
E Fiore?…..Riconoscerà i colori, i suoni, gli odori della sua gente?….In realtà
non è molto disponibile quando mani la vogliono afferrare per avvicinarla.
Lei sa cosa vuole e nel suo francese dichiara fermamente di non voler essere toccata
da chi non conosce.
Lei è bellissima, i suoi occhi svegli esprimono un carattere forte e deciso,
il suo sorriso dolce e la sua allegria conquistano piano piano tutti i presenti,
ma…..attenzione!…..giù le mani se non vuole essere toccata! Ad un certo punto, prende
l’iniziativa e inizia a distribuire divertita a tutti piccoli pezzi di pane e tutti
la ringraziano.
Nel villaggio sono soliti fare una piccola cerimonia simile al battesimo e poiché Fiore
non l’aveva avuta; la nostra visita costituisce l’occasione per celebrare l’evento.
Il nome Fiore, infatti, le era stato dato dalle suore che la accolsero alla nascita,
dato che la mamma purtroppo era deceduta subito dopo il parto.
La cerimonia vede presenti i quattro nonni, il padre, lo zio, il re dei nomadi e gli
anziani del villaggio, oltre a noi in qualità di ospiti d’onore.
Questa etnia di nomadi, che vive prevalentemente nell’alto Benin ed attraversa le
frontiere col Niger, Burkina, vivono isolati. Le donne ed i bambini restano al villaggio,
gli uomini si spostano col bestiame. Raramente i loro bambini vanno a scuola e questo
piccolo mondo basta a se stesso ignaro del resto del mondo e viceversa.
Mentre da qualche parte nel villaggio viene sacrificato un montone per l’occasione,
viene portato del latte di mucca (le piccole e scheletriche mucche beninesi, strano
a dirsi, riescono anche a fare un po’ di latte) col quale una donna traccia dei segni
sulla testa di Fiore. Dopo ciò ognuno di loro inizia a dire delle preghiere in arabo
perché la comunità è di religione musulmana. Le preghiere durano a lungo, ma sono
gradevoli all’ascolto. Alla fine ci viene chiesto di pregare anche a noi, nel nostro
modo e nella nostra religione.
Allora mi permetto di fare una preghiera in francese e chiedo all’interprete di tradurla.
E’ stato un momento magico, in cui due culture, due mondi, due energie si uniscono
in un sentimento di pace e di condivisione, perché il Dio che è nel cuore di tutti è
lo stesso per tutti, sia musulmani che altro e questo mi riempie di gratitudine,
perché c’è sempre posto per l’amore, quando questo nasce dalla pace del cuore e la
piccola Fleure, che ha ricevuto il nome Aitcha nella sua lingua, ci ha dato questa
opportunità creando questa alchimia.
Con la sua esperienza, breve ma intensissima di vita, Fiore fatto avvicinare due mondi
che erano ai confini dell’universo, fondendo in un istantele radici di persone le cui
distanze culturali e spirituali si toccano in un terreno comune che è la preghiera,
una preghiera spontanea che armonizza e annulla ogni distanza, ogni apparente differenza.
Ci siamo scambiati doni, ci siamo stretti molte volte le mani, abbiamo scattato foto
e fatto riprese. Il villaggio è povero, c’è un’unica ricchezza: un pozzo che porta sul
bordo tracciata una data. La data è del maggio 2005, ciò significa che fino a quella data
le donne dovevano camminare per ore per andare a cercare l’acqua molto lontano dal
villaggio.
Ma questa data è importante anche per me, per Fiore, in quel mese di maggio Fiore ha
trovato una famiglia……il villaggio ha trovato il pozzo, Fiore una famiglia…….
che siano accadimenti del tutto indipendenti?….Io non credo.
Abbiamo promesso alla famiglia d’origine che ogni volta che verremo in Benin porteremo
Fleure-Aitcha a trovare il suo giovane padre, che nel frattempo si è risposato
ed ha un altro piccolo bambino di poco più di una settimana.
Ogni volta l’Africa ci apre una nuova porta sui suoi segreti e ci fa partecipi della
sua magia…….
Anna