VIAGGIO IN BENIN NOVEMBRE 2004

Partenza da Firenze il 26-11-2004.
Io,  Anna, Matteo, ing. Zito, geom. Mezzani, Francesca, Rita,
Renata, Fernando.
Dopo mesi di preparazione è arrivata l’ora della partenza.
Brivido alla vigilia con la notizia che all’ufficio Air France
dell’aereoporto di Firenze non risultava il nostro accredito per
una maggiorazione  del peso del bagaglio (abbiamo così tante cose
da portare giù). Dopo circa 55 minuti di telefonata con operatore
Air France di Roma, viene tutto risolto. Possiamo partire senza intoppi.
Volo tranquillo e regolare.
A Parigi 4 ore di tempo di attesa. Anche il secondo volo fila via tranquillo.
Dopo tanti viaggi in Benin arriva la volta che ci perdono due bagagli,
per fortuna non di indumenti personali, ma comunque un carico importante
visto che mancano all’appello alcune piccole attrezzature sanitarie.
Dato l’intoppo siamo usciti dall’aeroporto in grave ritardo.
L’Africa mi riabbraccia per la terza volta dopo un anno e mezzo;
il caldo umido, gli odori mi riavvolgono in un mondo lontano e misterioso,
solo in parte compreso.
Certo non c’è più lo smarrimento meravigliato della prima volta,
ma è sempre una specie di salto nel tempo, in una dimensione talmente
lontana da noi, dal nostro quotidiano, che ogni volta richiede un
periodo di adattamento, di ricollocazione del mio essere in un contesto
dove i punti di riferimento sono cambiati.
L’odore della pelle, del sudore, dei luoghi, delle camere, dell’aria,
i colori…tutto è diverso da ciò che conosciamo nel nostro quotidiano.
Inizialmente mette un po’ a disagio, ti fa sentire perso.
Dua ragazze di circa 20/22 anni vengono avvicinate da un signore
un po’ bevuto; sono alte, magre, una porta una gonna cortissima,
l’altra pantaloni attillati. Entrambe con unghie finte a mani e piedi.
Anticipazione di quello che troverà conferma nei giorni seguenti.
E’ in aumento la prostituzione, i locali, i ristoranti sono frequentati
da ragazze come quelle descritte prima, accompagnate da signori bianchi
piuttosto attempati o giovani militari belgi, francesi. Si vedono
le conosciute signore dei viali anche a queste
latitudini…..L’Europa esporta benessere!!
Salutiamo le suore e gli amici che sono venuti a prenderci, soprattutto
il nostro amico Romuald.
Ci immettiamo nel traffico per una volta tanto non caotico di Cotonou
e ci sistemiamo nella nostra camera allo CHANT D’OISSEAU.
Prima notte in Africa.
Il mattino seguente il gruppo come stabilito si divide:
Matteo, Francesca, Francesca di “Aleimar”, Rita, Renata e Fernando
rimangono a Cotonou per altri giorni; io, Antonio, Anna, Mario
e Patrizio andiamo ad Abomey e poi proseguiamo per  Toucountounà,
dove ci ritroveremo tutti.
Ad Abomey diceva Anna qualcosa sta cambiando……….ma non si vede.
Oppure io non riesco a vederlo, la situazione mi appare sempre tragica.
Le piccole migliorie, come i tavolini bassi per i più piccoli,
qualche biberon, una mano di vernice non sono sufficienti
a cambiare qualcosa.I bambini puzzano sempre di pipì così
come gli ambienti dove trascorrono le giornate.
Scarsa alimentazione e tutto il resto già descritto, fotografato
e vissuto le altre volte.
Gioco coi bambini; il loro bisogno di affetto e contatto è terrificante.
Ti sommergono come un’ onda di piena. Cerco, cerchiamo,di fare quello
che possiamo, ma avremmo bisogno di viaggi di mesi non di poche
settimane per nutrire l’affetto di tutti.
Troviamo altri casi tragici e mamme che vengono a chiedere aiuto
per situazioni che non riescono a gestire.
Dormiamo come al solito da Chez Monique. Camere brutte, sporche,
manca acqua corrente, facciamo la doccia  all’africana
(cioè con un secchio d’acqua ed una ciotola) e va bene così.….
I due tecnici che sono con noi sono rimasti molto toccati da questa
esperienza ed anche se hanno partecipato alla gioia dei piccoli,
nei loro occhi e nei loro gesti si poteva leggere facilmente
lo stordimento e l’imbarazzo di essere lì, un po’
impotenti in quella situazione.
Ci siamo recati nel luogo dove sorgerà il centro per
i bambini orfani: i due tecnici hanno fatto le loro rilevazioni,
misurazioni  e valutazioni. Abbiamo parlato coi due impresari e
a loro manderemo poi il progetto con le specifiche del materiale
richiesto per la redazione del preventivo. Speriamo di cominciare
a costruire per i primi di marzo.
Ripartiamo per il nord ed il panorama perde la sua forza primordiale
della natura, del rigoglìo del verde, per lasciare  posto a poco
a poco ad arbusti, piante e alberi più radi, terreno più secco.
Sorprendentemente però, contrariamente al primo viaggio del nov. 2001,
il clima non è così torrido.
La sera è quasi fresco, non che ci voglia il maglioncino ma non ci
siamo poi così lontani. Anche durante il giorno la temperatura è
sopportabilissima, tutto questo è dovuto all’armatan, il vento del
deserto che copre il sole e abbassa la temperatura e copre queste terre
negli ultimi mesi dell’anno.
Qui lo chiamano vento, in realtà questo armatan è una specie di  coltre
che si alza e costituisce un velo che la mattina da un effetto
nebbia al panorama. Secca la gola e le narici; qui prendono facilmente
il raffreddore, mal di gola o influenza. Deposita un velo di polvere
e sabbia dappertutto costantemente.
Durante questo viaggio mi è accaduto più che nelle precedenti
occasioni di ripensare a ad importanti mie esperienze passate;
esperienze che hanno lasciato segni profondi nell’animo.
Ho ripercorso mentalmente incontri, parole e gesti, emozioni.
Ho rivisto i miei errori, le paure, la voglia di cambiare e
la difficoltà di riuscirci.
Rileggo con gli occhi di oggi l’immaturità e queste esperienze
mi  sono servite a svegliarmi, a farmi provare in un modo forte
e coinvolgente la sofferenza altrui, il senso di responsabilità
verso la persona che è al tuo fianco o comunque vicino.
Cosa hanno significato  nella mia vita la presenza di Agnese,
Francesco, mia madre, mio padre? Perché ho incontrato loro e non altri?
Cosa dovevamo viverci e scambiarci insieme nel profondo? Qual’è
il senso delle nostre vite?
Forse non lo voglio sapere, cogliere questa verità che aprirebbe
un significato nuovo alla mia vita. Forse nel mio profondo so
in qualche modo tutto questo e non voglio affrontarlo creandomi
alternative strane ed inutili, che in qualche modo mi riportano
indietro a cose già vissute, conosciute, dove non ci può essere progresso,
ma nemmeno ci possono essere “pericoli”. Il rumore delle ruote su queste
strade africane si confonde coi miei pensieri durante i nostri spostamenti.
Mentalmente ringrazio tutte le persone che mi hanno voluto bene
e che non ci sono più, sono loro debitore e spero di aver anch’io
dato qualcosa a loro. Questo è per me il “mal d’Africa”:
l’energia che sprigiona da questa terra riporta il tuo essere
al centro dell’universo, pone domande e impone risposte.
Non puoi sfuggire….
Grossa sorpresa a Perma, rispetto al primo viaggio del 2001.
La situazione è molto migliorata. I bambini non sono sporchi,
ci sono meno pancioni e  sono più coinvolti dai grandi nelle
attività quotidiane, anche di gioco.
Ci sono i banchini sotto la paiotte per fare la scuola materna,
c’è più ordine.
I bambini hanno sempre un grandissimo bisogno d’affetto, ma purtroppo
questa è una ferita (abbandono, solitudine) che non potrà più essere
colmata nel modo adeguato.
Cerchiamo di fare la nostra parte per quello che possiamo e che c’è
dato di compiere, consci dei nostri mezzi e dei nostri limiti.
Gioco coi bambini. Provo con l’aiuto della suora a far cantare
una canzoncina per bambini in italiano (la macchina dei capo).
In ogni caso è un momento di festa, loro non lo sanno ma mi hanno
dato più di quanto abbia fatto io…..
Ad Abomey i bambini mi conoscono come Ablublù, qui come Ale-magno.
Mi piace usare nomi diversi giocando con questi bambini,
che poi non ricorderanno il mio nome qualunque esso sia,
ma il nostro gioco e lo stare insieme, l’abbraccio che condividiamo.
Voglio passare nel mondo come il vento, senza attaccamento a un luogo,
un nome, un fatto. Voglio essere un vento buono che passa
e porta pioggia dove  c’è siccità e la terra muore;
che passa e porta via nuvole scure dove c’è alluvione e porta
calore e luce, ma che poi passa  senza fermarsi a lungo.
Ricorderanno solo che il vento ha portato di nuovo un sorriso
su quella terra. E il vento dove sarà ora?…..
E’ andato!……Dopo aver lasciato il suo carico buono.
Nel viaggio verso il nord, qualche km. da Perma abbiamo forato,
ma senza nessuna conseguenza, se non la perdita di tempo prezioso.
A Toucountounà il centro costruito dallAleimar è piuttosto grande,
è stato inaugurato nel novembre scorso, le camere sono confortevoli ed areate.
I ragazzi ospitati qui vanno dai 6 ai 18 anni, sono piuttosto in gamba
ma non ho avuto ancora modo di starci insieme per conoscerli meglio.
Oggi 29-11-’04 siamo stati a vedere una nuova situazione tragica.
Trattasi di una coppia anziana che abita su un colle di Natititngou;
nello spiazzo davanti e nelle casupole c’è un miscuglio di
bambini di tutte le età, cani e sporcizia.
Tutti i bambini presentano fasciature ai piedi, alle mani,
al braccio che sono state fatte da un medico donna ed un infermiere
entrambi militari belgi in missione qui in Benin. Essi vengono
praticamente tutti i giorni. La causa delle ferite? Lo spiazzo
davanti alla casa coperto interamente da sassi aguzzi e pietre
di varia misura.
I bambini sono sporchi, malnutriti, si muovono in ambienti interni
dove si vedono segni nuovi e vecchi di pipi, sporcizia, muri lerci
e tutto in uno stato di degrado che non fa pensare ad alcun modo
efficace per poter uscire da questa situazione. Se non con
un grande sforzo.Abbiamo dato un po’ di caramelle e deciso
che penseremo un progetto
per intervenire in tale situazione. La cosa migliore, dato che
questa donna anziana non appare in grado di gestire bene la casa
ed i suoi piccoli abitanti, sarebbe quella di trovare almeno
3/4 donne che dietro compenso lavorino lì, pulendo gli ambienti
ed i bambini, insegnino un minimo di cura nell’alimentazione
e nell’igiene.Ci sono anche 3 bebè , di cui due palesemente denutriti.
So che Dio è presente e segue strade a volte a noi incomprensibili,
ma gli uomini che spendono soldi per armi, cellulari e luna-park,
non hanno 5 milioni di vecchie lire da mettere per ogni situazione
come questa e dare un futuro dignitoso ai bambini disastrati del mondo?
Una casa decente, un lavoro per gli adulti, acqua e luce per le necessità.
Martedì notte senso di pienezza e nausea, dormo poche ore.
Al risveglio nausea ancora più forte e diarrea, mangio quasi niente.
Sto in camera tutta la mattina, meno male che era una mattina senza impegni.
Febbre 38,4, poi 38,2.
Tutto si è risolto, sono stato male due giorni, la febbre è
passata ma il senso di nausea, un sottile e sempre presente
mal di pancia, ci sono sempre. Tutto dovuto all’armatan.
Inoltre io, come altri, abbiamo bocca e labbra secche,
il naso con continue micro-emorragie. Ho necessità di bere sempre,
che però data la situazione dello stomaco non è l’ideale.
Bevo solo piccolissimi sorsi d’acqua giusto per umidificare
labbra e bocca. Anche Anna, Patrizio, Mario sono stati un po’
male, ma meno di me.
Il 1-12-’04 sono giunti qui gli altri, tranne Vittorio, e Francesca.
Abbiamo organizzato una piccola festa a sorpresa la sera
per il compleanno di Matteo.
Al ritorno verso Abomey abbiamo avuto esperienza
di viaggio tragi-comica.
Romuald ha fatto rifornimento da una bancarella sulla strada,
cosa che si guarda sempre bene da fare. Dopo qualche chilometro
la benzina piena di polvere e detriti intasa il carburatore.
Ci blocchiamo e nonostante i tentativi di riparazione di Romuald
e della gente del villaggio poco distante siamo costretti
a farci trainare per una 15 di km. fino alla città più vicina.
Lì trattativa estenuante per noleggiare un pulmino e poter
arrivare ad Abomey, che dista circa un 200 km.
Il mezzo che ci ha trainato non era messo troppo bene.
Alcuni finestrini non erano di vetro, ma essendo rotti erano
stati riparati con pannelli….di legno! E tenuti insieme
con fil di ferro. Non c’erano sedili per tutti e il pavimento
del mezzo presentava dei buchi da cui potevamo vedere l’asfalto
scorrere sotto di noi. Abbiamo scherzato molto in quella
situazione….turisti fai da te? No alpitur? Ahi, ahi, ahi!!
C’è bisogno fra noi anche di trovare il tempo per una risata,
dopo essersi immersi per tanti giorni nelle miserie altrui,
aver tesimoniato la solitudine di troppi bambini,
la risata diviene la cura per il nostro spirito per andare avanti.
Dopo pochi giorni siamo ripartiti per il ritorno a casa.
L’Africa, ancora una volta, con l’energia della sua terra,
con la magia del suo mistero ha smosso in ciascuno di noi cose
dal profondo, sensazioni, ricordi ma soprattutto risvegliato
la coscienza più vera di noi, che facendosi strada a fatica
fra i nostri egoismi e chiusure, riesce a farci percepire
la necessità di un vivere più profondo e vero. Risveglia
la necessità di non sentirsi più legati ai rigidi schemi
presenti nella nostra società industrializzata ed ipertecnologica,
ma di un vivere poggiato sul vero motivo del nostro essere
qui, ora, su questa terra. Il senso delle nostre vite
in questo viaggio che ci accomuna mentre facciamo di tutto per dividerci.
Alessandro