Maggio 2006: Gbaffo considerazione sui lavori fatti

gbaffo fornor

gbaffo fornorSono stata presente alla distribuzione del pasto al collegio e devo dire che non è per niente organizzato in quanto i ragazzi si buttano a mucchio sul grosso contenitore di riso e impediscono alla ragazza addetta alla distribuzione di  fare il suo lavoro, molti ragazzi non hanno neppure un piattino o una ciotola di plastica e prendono il cibo in sacchettini neri di plastica…la quantità di cibo non è ancora sufficiente. La distribuzione alla scuola elementare è meglio organizzata, il direttore è presente, tutti i bambini si mettono in fila e le donne addette fanno la distribuzione.

Un giorno siamo stato ospiti anche noi ed io ho chiesto che a tutti venisse offerto lo stesso pasto che i bambini prendevano, abbiamo mangiato riso con un pezzettino di pesce. Di solito a noi ospiti e benefattori viene riservato un pasto molto più ricco, ma è un’abitudine che sarà debellata completamente soprattutto quando siamo con i bambini delle scuole. Il sostegno a distanza che offriamo agli orfani che frequentano la scuola elementare di Gbaffo è stato inglobato nella somma destinata alla mensa scolastica per poter dare la cifra mancante fino alla fine dell’anno scolastico, questa decisione è stata presa dicendo che le cifre del sostegno arriveranno solo a fine anno in quanto per noi al momento l’onere è troppo alto per questo progetto, le scuole in cui è stata fatta la sensibilizzazione stanno cominciando ora a dare un po’ di aiuto e le risorse maggiori devono ancora andare ad Abomey.

Per i sostegni sono state date solo 500 euro in totale in quanto viste le condizioni disperate in cui vivono i bambini non si poteva almeno non dare una speranza, una piccola somma divisa per 16 bambini…

Ho chiesto a Coeur et Vie il cui nostro referente per noi è il signor Deglà di visitare i villaggi e le case in cui stanno i bambini che stiamo sostenendo e come previsto ci siamo trovati davanti a situazioni di vita misere all’eccesso, uno dei nostri bambini era davanti alla capanna seduto su un tronco d’albero e prendeva dalla sua ciotola farina di manioca mescolata ad acqua, in terra aveva delle noccioline che accompagnavano il suo magro pasto. Mangiava con foga e intorno aveva altri ragazzini che lo guardavano………..

La stessa scena si è ripetuta nella scuola elementare di Awaya, dove 24 bambini mangiavano lo stesso menù, il direttore ci spiegava che i bambini abitando troppo lontano non potevano tornare a casa per il pranzo e la scuola quel giorno aveva provveduto a comprare un po’ di garì (farina di manioca), ma era una fatto eccezionale perché anche gli insegnanti sono poveri e non possono farsi carico ogni giorno del pasto dei bambini.

Ci ha chiesto di intervenire anche per i 24 bambini della scuola di Awaya, ma ho girato la richiesta alle nostre due compagne di Ravenna le quali hanno accettato di dare 500 euro all’anno per nutrire i 24 bambini, inoltre abbiamo fatto fare le divise scolastiche ad altri 23 bambini che non l’avevano, ci hanno anche chiesto atti di nascita, ma per questo non mi sono impegnata in quanto sono a centinaia che hanno bisogno di questo documento per poter eccedere all’esame, ma la cifra diventa elevata e abbiamo deciso di chiedere prima di tutto un contributo alle famiglie, anche piccolo, simbolico, ma che le responsabilizzi, chiederemo inoltre una riduzione del prezzo all’autorità che si occupa di fare i documenti e li faremo tutti insieme.

Visitando i villaggi, dove peraltro abbiamo regalato sacchi di riso e vestiti per i bambini, ci sono state esposte tutte le esigenze che i villaggi hanno, ma soprattutto la richiesta di finanziamento di piccoli progetti agricoli per la coltivazione di riso e manioca, un pozzo per l’acqua e una scuola per i bambini di un villaggio che è troppo lontano per i bambini.

La richiesta di finanziamento per microprogetti è sempre una cosa interessante in quanto risolleva le sorti dell’intera comunità, ma non saremo noi direttamente a finanziarli, cercheremo l’aiuto e il supporto di altre strutture.

Per la scuola, la proposta è stata quella di assumere un maestro che potrà recarsi nel villaggio e istruire i bambini per i primi tre anni, da quel momento potranno camminare per raggiungere la scuola più vicina che si trova ad 8 chilometri a meno che nel frattempo non si sia potuta costruire la scuola. Costruire in tale contesto significa comprare il materiale come sabbia e cemento, la mano d’opera ce la mettono gli abitanti del villaggio, la spesa è minima, ma per noi verrebbe a sommarsi ad altre spese già enormi.

Anche la richiesta del pozzo può essere girata ad altre associazioni che si occupano di tali progetti.

Il progetto per la prevenzione della mortalità maternale sta andando benissimo, abbiamo un’animatrice di nome Pulcherie la quale gira tra i villaggi per sensibilizzare le donne, ma viene investita da altre mille richieste, soprattutto acqua, cibo, sanità, scolarizzazione…..

La poverina è messa a dura prova, ascolta tutti ed è molto presente, ma cerca di dare una direzione al suo intervento:

prima di tutto ha lanciato una campagna che si chiama “villaggi puliti” in cui tutti si devono impegnare a togliere spazzatura ed erbacce intorno alle capanne e quindi introdurre il concetto di igiene e dignità della persona, è un primo passo a cui ne seguiranno altri, ma giustamente la gente dice: sì, noi possiamo pulire i villaggi, ma poco ci importa della pulizia se prima non risolviamo il problema del cibo e dell’acqua. Hanno ragione.

IL FORNO PER IL PANE

Da quando gli abitanti dei villaggi di Gbaffò e dintorni hanno saputo che ci sarà da gestire un forno per il pane, hanno cominciato a litigare tra di loro perché ognuno lo vuole, Deglà mi ha chiesto a chi volevo affidare il forno.

Ho fatto alcune considerazioni e data l’inesperienza, la non abitudine all’impegno, la mancanza di istruzione e di senso della responsabilità nonché una totale mancanza di organizzazione da parte degli abitanti dei villaggi, ho chiesto che il forno fosse affidato a Coeur et Vie, che vengano assunte tre o quattro persone affidabili e bisognose di lavoro per fare il pane, venga dato loro uno stipendio giusto e beninese, il forno venga installato a Dassà che è un grosso centro, che vengano presi accordi col centro di accoglienza delle suore, i tre o quattro alberghi che ci sono, i piccoli negozi di rivendita e con due o tre motorini distribuire il pane ogni giorno.

Il ricavato della vendita del pane dovrebbe servire ad appoggiare i nostri progetti per le scuole le quali, sempre più numerose ci richiedono un nostro intervento.

Sullo stesso territorio stiamo portando avanti un progetto di prevenzione della mortalità delle madri al parto,perché il numero degli orfani per questo motivo è elevato. Nell’ambito dello stesso progetto si fa anche sensibilizzazione all’igiene, soprattutto per evitare contaminazioni ed infezioni.